E la ricerca? /2 by

5 Giu
2008

Dopo lo sfogo di qualche giorno fa mi ricompongo un attimo e vedo di trattare qualche argomento non troppo ovvio ed inflazionato riguardo allo stato (disastroso) della ricerca italiana.

In Italia c’è il culto del posto fisso. Ovvero di un posto dove, una volta entrato, non ti tocca nessuno e ti puoi considerare arrivato. Uno dei motivi per cui tanti (quasi tutti) anelano al posto fisso è che l’alternativa non è il posto flessibile, ma il posto precario. Una differenza importante fra il flessibile ed il precario è che il flessibile non è ricattabile (se il datore di lavoro pone condizioni che non mi piacciono io semplicemente vado a lavorare per un altro), mentre il precario sì (dato che non ha altri posti dove andare).

Io sono un precario della ricerca e vi dirò che, piuttosto che diventare uno stabile della ricerca (ovvero uno di quei professori che non li sposti nemmeno fra mille anni), vorrei diventare un flessibile della ricerca. Nel mio mondo ideale (“nel boschetto della mia fantasia” cantava qualcuno) ci sarebbe un certo numero di università, enti di ricerca e industrie pronte ad assumere (a tempo determinato) persone brillanti e qualificate. Dato che, appunto, c’è bisogno di gente brillante e qualificata le varie università userebbero criteri meritocratici per decidere chi prendere e i migliori potrebbero contrattare stipendi più alti in centri di ricerca di eccellenza. Gli altri si accontenterebbero di stipendi dignitosi in centri di ricerca dignitosi o troverebbero la loro strada da qualche altra parte.

Diciamocelo chiaro e tondo: io non penso proprio che rientrerei mai nell’elite dei migliori. Poco male. Preferirei comunque un sistema dove qualcuno valutasse in maniera oggettiva le mie capacità e possibilità e, se non sono abbastanza bravo, me lo dicesse chiaro e tondo. Se non merito sono pronto ad andare a zappare un campo (che fare il contadino è un mestiere dignitosissimo). Dall’altro lato, nell’improbabile caso che qualcuno decida che io sono un fenomeno, esigo che questo venga valorizzato e che mi vengano date delle possibilità.

Adesso invece viviamo in un sistema dove i bravissimi, i bravini ed i mediocri non vengono chiaramente distinti. Dove conta più la perseveranza nello stare incollato al professore giusto (finché questo non faccia spuntare dal cilindro un concorso semi-truccato fatto apposta per te) piuttosto che dimostrare quanto si vale. Dove un 80% abbondante di chi diventa professore ordinario smette di fare ricerca (e quindi di produrre), tanto ormai il posto non glielo tocca più nessuno.

Certo, c’è sempre la possibilità di fuggire all’estero. Ma io coltivo ancora la segreta speranza che in questo paese ci sia ancora qualcosa da salvare.

(forse) ne abbiamo parlato qui:

4 Responses to E la ricerca? /2

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Massimiliano

Giugno 5th, 2008 at 12:08

Io ho ancora qualche anno di tempo in cui sperare che le cose migliorino. Ma non so se ha senso farlo. Mi sa che vedrò a tempo debito.

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valepert

Giugno 5th, 2008 at 22:22

Max: le cose vanno avanti così da generazioni. e tu ancora speri? 😛

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Icekent

Giugno 6th, 2008 at 10:30

facevo una considerazione un paio di giorni fa, con mio figlio al secondo anno di liceo scientifico. si parlava del fatto che in matematica ha una media di 5,75. quindi, io dicevo, non hai la sufficienza, e perciò dovrebbero darti il debito da recuperare. lui contestava il fatto che comunque era ‘abbastanza’ vicino al 6, e magari qualcuno con il 5 e mezzo lo passavano a 6, quindi lui con 5 e tre quarti non avrebbe avuto problemi. forse sono esagerato, ma un ragazzo a cui viene insegnato che basta arrivare ‘quasi’ vicino al traguardo per considerarlo superato non potrà mai pensare di faticare per migliorare la propria condizione.

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J B

Giugno 11th, 2008 at 13:11

@Icekent: questo argomento meriterebbe non uno, ma almeno dieci post appositi (nonché infiniti dibattiti e la lettura della ponderosa quantità di letteratura al riguardo). Purtroppo è un argomento così al limite con la psicologia e la didattica che mi sento un filo inadeguato a trattarlo.

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