Technobabble giornalistico by

28 Gen
2009

Immagino che ci dovremmo vergognare di essere una delle nazioni sviluppate (sviluppate?) che legge meno i giornali. Tuttavia ogni tanto (ogni spesso) sui giornali compaiono cose che mi fanno sospettare che magari un motivo se i giornali non li leggiamo ci sarà.

È anche vero che la pagina di “tecnologia” è un po’ la figliastra non voluta di quasi tutti i quotidiani. Un luogo da riempire per poter dire “noi facciamo divulgazione scientifica” ma considerata poco sotto la pagina dei necrologi in ordine di importanza. Ma quello che ci si trova scritto troppo spesso assomiglia più ad un insulto all’intelligenza dei lettori che ad un articolo giornalistico.

La pietra dello scandalo questa volta è questo coso su Repubblica (mi ripugna chiamarlo articolo). Pare che un tal John Pederson (sulle cui qualifiche scientifiche in rete non ho trovato nulla), fondatore della LVX System (anch’essa sconosciuta a google) abbia realizzato un “nuovo sistema di diffusione della banda internet, non più basato sulle radiazioni di un access point WiFi ma tramite Led luminosi“. La possibilità di connettersi ad internet senza cavi (il celebre WiFi) è ben nota a tutti e ampiamente utilizzata nelle nostre case ma questa “novità” promette connessioni senza fili velocissime, esenti da interferenze e (soprattutto) prive di quell’odioso “inquinamento elettromagnetico”.

Vediamo come funziona questo capolavoro della scienza e della tecnica: invece di avere una o più antenne a giro per la casa che sputano “pericolose” onde radio in tutte le direzioni si sfruttano dei comuni Led (tipo quelli che vi indicano se il vostro monitor è acceso o meno).  L’intensità della luce emessa viene modulata in modo tale da trasportare il segnale che ci interessa e, dall’altro lato, un comune fotodiodo raccoglie questa luce e la ritrasforma in un segnale elettrico. Trasmissione dei dati avvenuta. Rapida ed indolore.

I più attenti di voi avranno notato che questo modo di procedere è stranamente familiare. In effetti si tratta dello stesso identico principio con cui funziona il telecomando del mio (e del vostro) televisore. Un led (in questo caso nell’infrarosso) emette un segnale modulato in ampiezza ed un fotodiodo (solitamente collocato sotto lo schermo) si preoccupa di raccoglierlo ed interpretarlo. Nulla di fantascientifico, il primo brevetto di un telecomando è dovuto a Nikola Tesla e risale al1898. Già nel 1930 erano cose di utilizzo comune; nemmeno mia nonna vi trova nulla di futuribile. Eppure Repubblica (ma non solo) cerca di venderci questa “invenzione” come l’ultimo ritrovato della scienza e della tecnica.

Non contenti di spacciare tecnologie vecchie un secolo come grandi novità i giornalisti di Repubblica (taccio il nome del malcapitato che ha firmato questo obbrobrio per pietà, se siete curiosi andatevelo a cercare da soli) si spingono fino a dire che avrebbe “evidenti effetti positivi perché limita l’inquinamento elettromagnetico”. Ora io non so dove costui abbia studiato ma che la luce (visibile, infrarossa o ultravioletta) sia una radiazione elettromagnetica esattamente come le onde radio a me lo hanno insegnato alle medie. Quindi nessuna riduzione del quantitativo di campi elettrici e magnetici emessi ma un banale cambiamento di lunghezza d’onda (per una discussione sul problema dell’inquinamento elettromagnetico vi rimando ad un mio vecchio post).

Insomma, abbiamo un tizio americano che ha speso “10 anni di lavoro, nonché […] oltre 3 milioni di dollari” per reinventare il telecomando. La notizia dovrebbe essere che qualche pollo ci è caduto ed ha pensato che fosse un’idea geniale. Qualcuno si è persino spinto a dire che il più evidente difetto di una tecnologia del genere (ed il motivo principale per cui nessun ingegnere serio si è messo a sviluppare cose del genere), ovvero il fatto che è terribilmente a corto raggio e direzionale (ovvero se il telecomando non è più o meno puntato verso il fotodiodo col cavolo che trasmette informazioni e che basta che un foglio di carta si frapponga fra il led ed il fotodiodo per bloccare la comunicazione), sarebbe un grande vantaggio in termini di sicurezza. Insomma, siamo alla fiera dell’assurdo. Fossimo nel paese di Acchiappacitrulli ‘sta gente finirebbe di corsa in galera.

Leggi anche: Scardovi

(forse) ne abbiamo parlato qui:

1 Response to Technobabble giornalistico

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Giuseppe

Gennaio 29th, 2009 at 15:09

Prima dell’avvento del wireless radio, esistevano i mouse e le tastiere a infrarossi. Una volta ho dovuto anche configurare un portatile per usare una stampante che comunicava con lo stesso principio del telecomando.

Tra un po’ qualcuno ci venderà i potenziometri e altre tecnologie analogiche come l’invenzione del futuro.

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