Biopirateria by

9 Mag
2008

Immaginiamo che gli abitanti del villaggio xxx coltivino da secoli la pianta yyy e la utilizzino sistematicamente per curare certi tipi di malattia. La multinazionale zzz lo viene a sapere, si incuriosisce e inizia a studiare quella pianta alla ricerca di principi attivi. Dopo un po’ di lavoro scopre che la molecola kkk è un potente anti-qualcosa utile per curare la malattia www.  A questo punto brevetta il processo di estrazione della molecola kkk e mette in commercio una medicina basata su di essa, facendoci un sacco di soldi.

Tutto normale? Oddio, fino ad un certo punto. Gli abitanti del villaggio xxx magari di biochimica non ci capiscono una virgola ma la paternità della conoscenza che la pianta yyy fa bene alla salute sarebbe loro. Invece, non solo questa paternità non viene riconosciuta economicamente, ma rischiano di non poterla più utilizzare perché violerebbero il brevetto (le probabilità che gli abitanti del villaggio xxx possano pagarsi degli avvocati in grado di contrastare una multinazionale la possiamo considerare nulla a tutti gli effetti pratici).

Questo si chiama biopirateria e non è una storiella inventata. Capita, è capitato e capiterà. Almeno finché le leggi sui brevetti e sulla proprietà intellettuale rimarranno assurde come sono ora.

Tuttavia qualcosa si muove. Nella liberalissima America? No. Nella vecchia e saggia Europa? Nemmeno. Chi si muove sono i cinesi dello Guizhou, i quali, da un po’ di tempo, hanno deciso di utilizzare l’arma del brevetto e della proprietà intellettuale a favore degli abitanti delle loro arretrate campagne. In pratica stanno mettendo insieme una serie di leggi che renderebbe automaticamente delle popolazioni la proprietà intellettuale di tutte le loro conoscenze tradizionali, inclusa quella sulle piante da loro utilizzate e coltivate.

Ovviamente il discorso è più complicato di così (e, guarda caso, i politicanti cinesi lo sanno benissimo). Infatti è difficile raggiungere un buon equilibrio fra il non proteggere abbastanza ed il proteggere troppo. Tuttavia l’idea mi pare decisamente un passo nella giusta direzione.

via Science

(forse) ne abbiamo parlato qui:

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