Internet non è un paese per pigri by

26 Gen
2010

Quando piombo su una notizia, qualsiasi essa sia – dalla cura del cane fino alla recensione del ristorante in cui vorrei mangiare – mi casca l’occhio (in maniera ormai del tutto automatica) sulle informazioni ritenute “di contorno”, tipo il nome di chi ha scritto la recensione, la data di pubblicazione e in alcuni casi persino l’età,  gli amici sui social network e tanti, tanti, tantissimi altri dettagli (senza escludere simpatie politiche o credo religiosi).

Se acquisto un giornale cartaceo accetto (in maniera del tutto passiva) qualsiasi tipo di informazione pubblicata: ho già pagato l’edicolante, fondamentalmente provo fiducia verso il prodotto comperato. Leggo un articolo senza farmi troppe domande su chi l’ha scritto, e presuppongo che la linea editoriale che ho condiviso all’atto dell’acquisto si rispecchi in tutte le pagine del quotidiano.

So anche che il prodotto è fresco. Se mi capita tra le mani un giornale stampato solo 5 anni fa lo riconosco al volo, capisco che è roba passata, digerita, “vintage”. Il tipo di font utilizzato, la pettinatura di un testimonial o semplicemente l’odore di carta vecchia mi fa sospettare che non ho notizie di prima mano a disposizione.

E’ un riflesso mentale ormai radicato, l’effetto “giornale da sala d’aspetto del medico”.

Questo è un approccio passivo e pigro per ricevere una notizia, ma è terribilmente collaudato e efficace.

Sul web purtroppo o per fortuna non è così. Una notizia del 1994 è proposta in maniera del tutto identica ad una di oggi. Tutto è salvato in un database, la grafica si aggiorna costantemente per l’intero archivio. Persino i banner cambiano di volta in volta. Quindi bisogna fare attenzione alle date di pubblicazione – o nel peggiore dei casi evincere se è qualcosa di recente o passato. Ma bisogna arrivarci da soli. Bisogna riflettere attivamente, non come col giornale della sala d’aspetto.

La stessa cosa vale per la TV: ho ben chiaro quali sono i telegiornali di parte e quelli faziosi, capisco immediatamente il format di una televendita, e suppongo che se vedo un politico intervistato è veramente lui a parlare (escluso per tagli e rimaneggiamenti postprodotti).

Posso dire la stessa cosa per la pagina di un politico su Facebook? E’ lui che scrive o il suo portaborse? Difficile dirlo.

Questa è l’autorevolezza che manca alla rete. Ha una memoria storica elefantiaca ma soffre di incredibili recentismi. E’ accessibile a tutti (su qualsiasi supporto e forma, aggregando il tutto secondo i gusti) ma non è in grado di identificare univocamente una persona.

Ha un sacco di teste e cervelli – ma pochi front-man.

Il “giuro, l’ho letto su Focus” suona ancora (paradossalmente) credibile rispetto a “l’ho visto su Wikipedia”.

L’autorevolezza rimane quindi solo negli occhi di chi guarda – e tra l’altro solo di chi osserva attentamente: perché le stellette date ad un film impegnato variano sensibilmente se il votante è dodicenne, ventenne o sessantenne. Quindi sì, la Guida Michelin è diversa da 2Spaghi. Non è migliore o peggiore. E’ solo differente – per costi e autorevolezza.

Ma lo è anche per incompletezza, accessibilità e multimedialità: qui il web non si può battere – corre come un treno.

Ha tutto e il contrario di tutto:  io davvero sono libero di poter leggere la stessa notizia da venti fonti diverse, partendo da siti gestiti da professionisti fino ad arrivare al tuttologo dell’ultimo minuto – senza contare le fonti estere.

Bisogna solo tenere gli occhi aperti e il cervello funzionante, ma è questo è il bello della rete.

E’ il lettore questa volta ad essere autorevole – è questa la vera rivoluzione.

(forse) ne abbiamo parlato qui:

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