Fili conduttori by

1 Mag
2009

Ennesimo capitolo della saga “candida una velina al Parlamento Europeo”. Per chiarire qualche dubbio, in realtà non ci sarebbe nulla di male nel vedere ragazze interessate alla politica, anzi. Però non sempre è “meglio abbondare”. Specie quando si è consci sia che potrebbero arrivare, in piena campagna elettorale, critiche da sinistra, destra, centro, ma anche sopra, sotto, dietro e avanti, sia che è impossibile mantenere tutte le promesse. Un padre di una delle ragazze era talmente deluso (…) da volersi dare fuoco. Dopotutto, la figliola sarebbe tornata a lavorare, forse.

A proposito, oggi è la festa dei lavoratori. Festa voluta dai sindacati per le battaglie che hanno portato al riconoscimento dei diritti di tutti quelli che offrono una prestazione. Non per altro, in ogni Costituzione che si rispetti il “Lavoro” è ai primi posti nella scala dei princìpi. Qualcuno non se lo ricordava e alcune volte “c’è scappato il morto“. Logico dire che la festa vale per tutti; ho sentito dire “è una manifestazione degna dei comunisti”, in senso spregiativo. Da un impiegato che, per coerenza, oggi ha invitato a pranzo l’intera famiglia e si è svegliato alle 11.

Da 18 anni a questa parte, CGIL, CISL e UIL organizzano il Concerto del 1° maggio a Roma. Quest’anno c’è stato il grosso rischio che l’evento saltasse a causa della mancanza di fondi. Ma, per la fortuna di migliaia di persone (piazza San Giovanni è a dir poco gremita), i soldi sono arrivati, tra gli altri, dalle Poste Italiane ma, soprattutto, dal GRUPPO UNIPOL, già Banca delle cosiddette Cooperative Rosse, che tenta di rifarsi un nome dopo le vicende di Bancopoli.

È classico vedere le bandiere di Rifondazione Comunista e gli stendardi di Che Guevara sventolare. Ma, a prescindere dall’organizzazione, essendo questa una festività statale, non si dovrebbe andare al di là di ogni schieramento? Il concertone, che durerà circa 9 ore, è uno show prettamente musicale. Come al solito, la star – quest’anno Vasco Rossi – è collocata negli ultimi posti della scaletta: nell’attesa del medley del Blasco (molti sono lì per lui…), quanti arriveranno lucidi a seguirne la performance, cercando di scansare vomiti, monnezze varie e gente collassata? La libertà non è anarchia, ma il buon senso in queste occasioni va a farsi fottere, parafrasando “Stupido hotel”.

Stesso buon senso che passa anche nel mondo sportivo. Dopo la chiusura al pubblico dell’Olimpico di Torino per i cori razzisti a Balotelli, la Juventus ha presentato ricorso d’urgenza all’Alta Corte di Giustizia Sportiva, ottenendo la sospensione della sanzione fino al 15 maggio, data in cui l’organismo deciderà pienamente sul caso. Questo garantirà la visione dal vivo della partita contro il Lecce di domenica. Alla faccia delle campagne UEFA e FIFA against racism e al “segnale forte” per mostrare il rispetto nel corso degli eventi sportivi!

Ma lo sport, vero vincolo di rispetto e lealtà (e di “segnali forti”), ha un altro caso recente. In Formula 1, nel Gran Premio d’apertura stagionale a Melbourne, il campione del mondo Lewis Hamilton è stato sorpassato in regime di safety car da Jarno Trulli (mossa non permessa dal regolamento). Per il pilota italiano, penalizzazione di 25″ alla fine della gara e 13° posto (era 3°). Ma, dai dialoghi radio, risultò che la strategia era stata volutamente organizzata dalla McLaren (team di Hamilton) al fine di salire sul podio australiano. Conseguenti la squalifica dell’inglese dalla classifica finale del GP e riabilitazione di Trulli. La McLaren silura così l’ideatore dell’operazione truffaldina, ma il provvedimento non le eviterà il processo della Federazione Internazionale dell’Automobilismo. L’altro ieri la “condanna” (si fa per dire): in parole povere, “se lo fai di nuovo nel giro di un anno, ti squalifichiamo per 3 corse. Eh, bricconcello, mi raccomando!” La F1, a 15 anni esatti dalla morte di Senna, si decide fuori dalle strisce d’asfalto dei circuiti.

Lunga è la strada e tanta l’acqua che passerà da sotto i ponti. Sperando che non crollino.

(forse) ne abbiamo parlato qui:

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